martedì 30 luglio 2013

L’asilo diplomatico, quest’intruso del diritto internazionale

Riporto quest'interessante articolo sull'asilo diplomatico dal blog della società FB&Associati S.r.l. Un'analisi molto lucida dell'istituto dell'asilo diplomatico.

Di recente, si sente parlare di asilo politico e di interventi da parte dei Ministri degli Esteri per tutelare eventuali rifugiati. Il riferimento, in questo caso, parte dalla famosa vicenda di Assange a quella, recentissima, della cittadina del Kazakistan, Alma Shalabayeva. Tuttavia, spesso, anche attraverso una falsa idea di extraterritorialità, molti ritengono che si possa richiedere asilo politico dentro gli edifici di una missione diplomatica. In questo primo articolo, si intende, quindi, dare una spiegazione di cosa è esattamente l’asilo diplomatico e come questo è (o non è) regolato dal diritto internazionale.

Una particolare situazione collegata all’inviolabilità e all’immunità che gode la sede della missione diplomatica, si ritrova nel cosiddetto “diritto di asilo” concesso ai rifugiati politici presso i locali diplomatici, di cui molto si è dibattuto nei secoli e che continua a mantenere una sua attualità.
Prima di tutto, è bene sfatare un mito: i locali appartenenti alla missione diplomatica non fanno parte del territorio dello Stato accreditato ma fanno parte integrante dello Stato accreditatario e quindi non possono dar luogo ad un  diritto di asilo. Ad esempio, l’ambasciata del Brasile a Roma non è territorio brasiliano, bensì italiano.

La prassi internazionale tende quasi sempre a negare la concessione dell’asilo diplomatico di un soggetto all’interno dei locali diplomatici e quindi considera la sua concessione come un abuso dell’inviolabilità dei locali stessi. Tuttavia questa negazione non è sempre stata rispettata. È il caso avvenuto nel 1956 in Ungheria, dove il cardinale Mindszenty ha ottenuto asilo politico presso la rappresentanza diplomatica statunitense e vi è rimasto fino al 1971, quando dopo autorizzazione del Governo ungherese, ottenne la possibilità di lasciare il paese.

Non mancano, comunque, casi in cui tale diritto di asilo è stato concesso sfruttando così la norma di diritto internazionale sull’inviolabilità dei locali. In particolare, nelle nazioni dell’America Latina, generalmente viene accordato diritto di asilo ai rifugiati politici. Ad esempio, nel 1932 a Cuba, il Generale Menocal, ex Presidente di Cuba, ha ottenuto asilo politico presso l’ambasciata brasiliana a L’Avana. Oppure, un altro caso si è verificato quando il Presidente deposto dell’Honduras, Manuel Zelaya, che aveva ottenuto asilo politico presso l’ambasciata brasiliana in Honduras dopo il Colpo di stato del 2009.


Negli ultimi anni, il caso più eclatante in cui è stato concesso l’asilo diplomatico in un’ambasciata latinoamericana è chiaramente il caso Assange, che nel 2012 si è rifugiato all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. Al momento, a distanza di oltre un anno, Assange continua ad essere un ospite (desiderato?) dell’ambasciatore ecuadoregno.

In tutti questi casi, i rifugiati sono stati accolti dalle citate ambasciate (col benestare dello Stato accreditato) con la consapevolezza di non essere arrestati ed essere trasportati in carcere o espatriati. Questo è avvenuto in virtù di una norma internazionale (contenuta nella Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche) che prevede l’inviolabilità della missione diplomatica da parte delle autorità dello Stato ospitante. Possiamo dire che si tratta di una forma di “arresto domiciliare” a 5 stelle?

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