martedì 28 febbraio 2012

L'immunità propria dell'agente diplomatico, che non è generale ma è collegata all'esercizio delle funzioni in quanto non può essere sottoposta a giudizio per gli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, non spetta all'agente consolare del quale il Paese di origine si sia limitato a dichiarare, in note verbali dirette al Ministero degli affari esteri, la qualità di agente diplomatico, senza aver mai provveduto alla relativa notificazione formale.
La semplice qualifica di "ambasciatore itinerante", o "console onorario" che dir si voglia, non esenta il diplomatico dall'essere sottoposto alla giurisdizione penale del nostro Stato, qualora commetta un reato.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Il P.M. presso la Procura della Repubblica di Genova ha proposto ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 569 c.p.p. avverso la sentenza del Tribunale di Genova in data 13 gennaio 2004, con la quale è stato dichiarato di n.d.p. nei confronti di Sanguineti Marco imputato del reato di cui agli artt. 81 cpv., 640, 61 n. 7 c.p. in danno di Beneceretti Piergiorgio, essendo l'imputato coperto da "immunità diplomatica".

A sostegno dell'impugnazione il ricorrente ha dedotto:

a) Violazione dell'art. 606 lett. C) c.p.p. in relazione agli artt. 20, 129 e 469 c.p.p..

Il ricorrente innanzitutto censura l'adozione della formula di proscioglimento adottata. Il riconoscimento dell'immunità diplomatica avrebbe dovuto comportare la declaratoria di difetto di giurisdizione ai sensi dell'art. 20 c.p.p.. Inoltre il proscioglimento doveva essere pronunciato con riferimento all'art. 469 c.p.p. e non all'art. 129 c.p.p. , trovandosi il processo nella fase predibattimentale. b) Violazione dell'art. 606 lett. B) c.p.p. in relazione all'art. 3 c.p. e 11, 43, 58 della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 24 aprile 1963, ratificata con legge 9 agosto 1967, n. 804.

Il ricorrente censura la circostanza dell'avvenuto riconoscimento in capo all'imputato dell'immunità diplomatica nonostante lo stesso risultasse esclusivamente ambasciatore itinerante, qualifica non inclusa tra quelle regolamentate a livello interno e pattizio, e pertanto tale da non esentare il titolare dalla giurisdizione penale del nostro Stato. Tanto più che il riconoscimento dell'immunità in questione era basata esclusivamente su una nota "dello Stato accreditante" formalmente inidonea ad attribuire la qualifica di Console onorario ed esentare dalla giurisdizione. Infatti ai sensi dell'art. 11 della Convenzione di Vienna oltre alla nota è necessaria una "lettera patente", unica forma prescritta per il valido conferimento della qualifica di funzionario consolare onorario e la conseguente immunità.

In ogni caso l'immunità non poteva essere riconosciuta all'imputato in quanto i reati erano stati commessi al di fuori dell'esercizio delle presunte funzioni consolari, ai sensi degli artt. 43 e 58 della citata Convenzione.

Il ricorso deve essere accolto con riferimento al terzo motivo, una volta ritenuta l'infondatezza del primo e l'irrilevanza del secondo stante l'accoglimento del terzo.

Premesso dunque che correttamente è stato fatto riferimento all'art. 129 c.p.p., per la pronuncia dì una sentenza comunque dibattimentale, anche se emessa senza la preventiva istruttoria in ragione della ritenuta, in modo erroneo, esistenza dell'immunità diplomatica, devono ritenersi fondate le censure del p.m. ricorrente sia sotto il profilo della mancata prova della qualifica di agente diplomatico, sia sotto il profilo della non inerenza delle condotte incriminate all'esercizio delle funzioni diplomatiche. La giurisprudenza ha infatti affermato che in tema di esenzione dalla giurisdizione penale di agente diplomatico, poichè quest'ultima qualità si acquista, ai sensi della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, soltanto con la notificazione dello Stato accreditante allo Stato accreditato, l'immunità non spetta all'agente consolare del quale il paese d'origine si sia limitato a dichiarare, in note verbali dirette al Ministero degli Affari esteri, la qualità di agente diplomatico, senza avere mai provveduto alla relativa notificazione formale". (v. Cass., sez. 5^, 9 aprile 2003, Ced. 224377). E' stato inoltre affermato, con riferimento all'ultimo profilo, che l'immunità riconosciuta dalla Convenzione dì Vienna per gli agenti diplomatici non è generale, ma è collegata all'esercizio delle funzioni, in quanto l'art. 43 della Convenzione del 24 aprile 1963 stabilisce al comma 1, che anche i "funzionari consolari" e gli "impiegati consolari" non possono essere sottoposti a giudizio dalle autorità giudiziaria e amministrativa dello Stato di residenza per gli atti compiuti nell'esercizio delle loro funzioni consolari. (V. Cass., 12 novembre 1993, n. 469, Ced., n. 195802), circostanza pacificamente da escludere in relazione al reato di truffa contestato.

Alla luce delle suesposte considerazioni la sentenza deve essere annullata e gli atti devono essere trasmessi al Tribunale di Genova per un nuovo giudizio secondo i principi di diritto sopraricordati.

P.Q.M.

Annulla l'impugnata sentenza e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Genova per un nuovo giudizio.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2004.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2005

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